Gabriele Ottaviani sul blog Convenzionali recensisce La classe degli altri.

Dove si parla di un colibrì, di un grande incendio, di una fiaba africana. E pure, en passant, della india Mercedes Sosa (che, beh: una delle colonne sonore di molti anni, di molte case, di molti struggimenti e di molte resistenze).
Irene Catanzariti recensisce La classe degli altri:
Insegnare senza far percepire fatica, si sa, è una faccenda piuttosto complicata. Insegnare con leggerezza lo è ancora di più. Ma insegnare riuscendo anche a strappare un sorriso: beh, questa è cosa in cui davvero pochi riescono.
Quando per di più si voglia far passare la materia con puntiglio, precisione, e per scritto – cioè: senza la quadrimensionalità di un rapporto umano in presenza, ma affidandosi alla nuda carta – l’unica è raccomandarsi a qualche divinità superiore.
Claudia Grendene passa ai raggi x La classe degli altri: una radiografia d’autrice, e con occhi grandi.
La prima campanella di quest’anno scolastico è diversa da tutte quelle che l’hanno preceduta.
Ogni prima campanella è stata per me speciale, ma questa – beh, ha un batticuore in più.
Oggi esce in distribuzione il mio primo romanzo, La classe degli altri, pubblicato da Apogeo editore.
Sono emozionata.
E grata.
(tutte le info, sulla pagina in menù)
Huc pauci vestri adnavimus oris.
Quod genus hoc hominum?
Quaeve hunc tam barbara morem
permittit patria? Hospitio prohibemur harenae;
bella cient primaque vetant consistere terra.
Policoro, Museo della Siritide.
Nulla è mai (solo) quello che sembra.
Un osso è stato una vita, un frammento è stato un vaso, un muro è stato una casa.
Bisogna avere la pazienza di ricollocare tutto, pezzo per pezzo, profondità per superficie.
La comprensione è un esercizio di minimi movimenti: silenzio, ascolto,
riprogrammazione di varianti e apertura di nuove intuizioni.
La distanza è una prova per l’umiltà.
Non esiste approssimazione senza studio.
“Come si può combattere un nemico che è del tutto irrazionale e imprevedibile – e che però, in virtù della sua forza animalesca e delle circostanze, ha conseguito un potere spaventoso?”
John Williams, Augustus
(nella foto: particolare da pavimento. Museo Archeologico Nazionale di Taranto – MARTA)
…e pensare che è cominciato tutto dalle panchine.
Bisogna impedire ai poveretti di dormirci, disse qualcuno nel profondo Veneto (perchè i poveretti, si sa, vederseli in giro fa sempre un certo che). E si cominció a tirare il capitone dalla coda. Lentamente. Passo dopo passo. All’indietro, dalle profondità degli abissi dove era stato spedito solo qualche decennio prima – fino alla luce.
Segare le panchine perchè i disgraziati non ci si potessero stravaccare (raffinato, in fondo, il ragionamento: togliere. fine. via tutti. eradere. rauss. piallare.
Non: aiutare
Non: risolvere
Non: comprendere
Non: rispettare).
E così fu che ci abituammo all’ordine: un solo culo per seduta, un solo gomito per bracciolo, un solo zaino per spalliera. Limitrofi, ma addomesticati alla separazione omeopatica – lì, dove prima e culi e ginocchia e braccia distese di bambino e valigie messe in pizzo e dammi un pezzo di angolo e dai che se ci stiamo in tre si sta pure in quattro.
Cominció così, e in pochi si resero conto che nello spuntare dal nulla di un semplice poggiagomito si realizzava una delle più oculate spallate all’umanità.
(Poi furono: il cibo per i bambini alle mense, i posti nelle case popolari, i proiettili sparati a vanvera, le pagelle cucite sulle giacche annegate, i porti chiusi).
(Ma tutto questo, in fondo, era già contenuto in quel primo atto di guerra civile. Cancellare gli ultimi. Cancellare gli altri. Cancellare).
Non ci fosse il nome di Jorge Luis Borges, dietro la storia de Il tango, pubblicato nella Piccola Biblioteca Adelphi, si potrebbe pensare a una catena di coincidenze creata ad arte, poiché sono davvero rari i casi di ostinazione alla sopravvivenza come quella manifestata dal corpus di registrazioni che ha attraversato mezzo secolo, due continenti, almeno quattro abitazioni private e svariati proprietari prima di diventare quello che è ora materia pubblica di carta, riflessione e studio.